MAGGIOCIONDOLO

Il Maggiociondolo o Laburnum anagyroides è noto come falso ebano o avorniello. Un tempo il legno di esemplari molto vecchi veniva usato da qualcuno come sostituto dell’ebano per via del suo legno molto duro, ma essendo TOSSICO andava trattato con cautela. Dai rami flessibili e resistenti son stati costruiti archi molto potenti e letali, chi lo utilizzava voleva assicurarsi che la morte del nemico fosse lenta e dolorosa. Inoltre si facevano rastrelli dai denti resistenti, cavezze per le capre e le mucche, e la sua corteccia essendo molto fibrosa veniva sfilacciata per intrecciare cesti di vimini. Nel medioevo invece veniva usato per preparare una bevanda “prodigiosa” che dava il senso di abbandono dal peso corporeo, una sorta di volo e serviva alle streghe durante i sabba per trasferire la loro coscienza in altri mondi. Non provatelo, mi raccomando! Inoltre il suo bastone insieme a quello di sambuco erano ritenuti magici.  Ad oggi, il maggiociondolo viene utilizzato per lavori di artigianato, in liuteria, e per i pali della vigna. C’è chi lo considera un buon legno da ardere, ho letto che produce un fuoco bianco incandescente, avverte della sua tossicità.

Fa parte della famiglia delle leguminose,  sfiorendo crea dei baccelli che restano sugli alberi e contengono dei semi neri altamente tossici. Malgrado ciò il maggiociondolo trova impiego come pianta ornamentale nei parchi e nei giardini soprattutto grazie al bellissimo effetto decorativo della sua fioritura a cascata giallo oro, lunghi grappoli di fiori gialli  che “ciondolando” dai suoi rami ricordano le infiorescenze del glicine. Potrebbe assumere quasi il significato di benvenuto. Mah..

Se solo se ne conoscesse il forte potere venefico forse si eviterebbe di piantarlo ovunque! Questa pianta cresce spontaneamente nei boschi delle regioni montagnose di tutta Europa, specie in mezzo ai faggi e ai castagni, fiorisce fra maggio e giugno come dice il suo nome, ed è molto profumato. Fra gli altri alberi si riconosce subito per la sua spiccata fioritura. Nei boschi, dove cresce spontaneo ha un suo perché, ma nei parchi cittadini a parer mio è un po’ pericoloso. I suoi numerosi semi, bruni e velenosi contengono la citisina, un alcaloide tossico che provoca vomito, diarrea e paralisi respiratoria. Dicono che sia sufficiente l’ingestione di 1 o 2 semi per avere effetti particolarmente gravi con sintomi che vanno dai crampi muscolari, alle sudorazioni e allucinazioni.

Tutta la pianta è velenosa, in particolare i semi che vengono disseminati naturalmente sul terreno, l’intera pianta non va ne assaggiata né mangiata, osservatela bene, fissatela per un po’, potrete percepire il suo sibilo che dice “stammi lontano”. In maniera “incosciente” si trova spesso nei giardini dove giocano i bambini, come d’altronde accade con tante altre piante tossiche! Sarebbe bene evitare di porre a dimora queste piante in luoghi molto frequentati dai bambini o dagli animali al pascolo. Chissà quando ciò verrà compreso?!?!

Non va però demonizzata, come tutte le cose esistenti in natura ha un suo perché, difatti essendo una pianta resistente che tollera molto bene il freddo e dotata di radici ben sviluppate ed estese, viene usata per assestare le scarpate anche con terreni ghiaiosi. inoltre, particolari batteri in speciale simbiosi con le sue radici producono azoto, sostanza organica fra le più importanti per le piante. Ciò migliora parecchio la qualità del suolo in cui si trovano.  Trattasi di una pianta bellissima e dal portamento elegante, come tutte le piante velenose! Il mio pensiero è solo quello che venga tenuto alla larga dai bambini perché la sua pericolosità è molto elevata.

Presto nel mio erbario troverete la descrizione di un’altra pianta velenosa, credo che sia importante conoscere tutte le creature che vivono accanto a noi, conoscerne pregi e difetti, e chissà, forse ciò ci aiuterà anche a comprender meglio le relazioni umane!

Un caro saluto, sperimentate sempre e abbiate cura di voi stessi che siete l’essere più importante che vi sia stato affidato alla nascita! State in salute. Un basen dall’Erbana

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