La parietaria officinalis è un’erba ricca di sorprese.
La paretaria è una pianta erbacea piuttosto comune che cresce abbondantemente attorno a noi.
La si incontra spessissimo, è una vera e propria pianta infestante.
Non stupitevi, può diventare alta anche 70 cm, si arrampica ovunque e ama colonizzare intere aree.
È una pianta “cosmopolita” che cresce dal mare alla zona sub-montana nelle zone fresche ed umide.
Basta distrarsi, lasciare incustodito un pezzetto di terra azotata e all’ombra e lei, zacchete! Decide di abitarlo. È molto odiata per la sua capacità di estendersi, ma insospettabilmente, come dice il suo nome, “paretaria officinalis”, possiede vere e proprie proprietà officinali, oltre ad essere ottima anche da gustare come verdura. Io stessa ne rimango stupita, ma la Natura ci insegna che quando è generosa e produce così copiosamente, è perché quella tal cosa ci occorre, va a calibrare le nostre mancanze. E proprio come una madre premurosa, lei produce il medicamento di cui abbisognamo.
Non vi nascondo che io stessa faccio un pò fatica a mangiarla, forse perché mi ricorda gli spinaci, di cui non amo molto il sapore terroso.
La paretaria la si trova in luoghi che presentano un’esposizione parzialmente ombreggiata, soprattutto nella stagione più calda, poiché teme molto il sole diretto. Lei si protegge, ha bisogno di sostegno, di essere avvolta, è anche un po’ comodosa, difatti ama i letti di vecchie foglie che fungono da naturale pacciamatura.
I nomi che le sono stati attribuiti ci suggeriscono che cresce e si estende su vecchi muri (paries in latino), suo habitat favorito i bordi strade lungo i muretti a secco, fra i ruderi, i sassi e le macerie. Nella letteratura botanica classica la Parietaria era indicata con il nome di muralis herba, erba dei muri, ma lei adora anche le aree rocciose, le siepi e i boschi.
Cresce aggrappata saldamente e con il crescere le sue radici sgretolano con facilità le pietre su cui poggiano, bastano piccole crepe o fessure per ospitare le sue radici che in poco tempo sgretoleranno il muro come per cibarsene. Probabilmente è per questo motivo che in antichità, la pianta veniva impiegata per curare i calcoli renali e la renella.
Comprensibilissimo il fatto che venga ignorata o rimossa, per via dei danni che il suo apparato radicale può apportare ai muri e alla costruzioni in pietra (da cui il nome dialettale di “spaccapietra”, nome peraltro che viene dato anche a una piccola felce muraria di cui forse un giorno vi parlerò).
Potete comprendere le sue qualità attraverso i nomi che le sono stati appioppati nel corso del tempo. Viene chiamata comunemente muraiola, erba vetriola, erba di vento, gambo rosa.
Ricordo che da piccolina alcuni anziani che vivevano vicino a me sul Monte delle formiche utilizzavano la parietaria per pulire le bottiglie. Ne introducevano una manciata di foglie nel collo della bottiglia, che grazie ai microscopici peli presenti sulle foglie, un po’ di acqua e lo scuotere velocemente le puliva perfettamente. Ora so che questa umile erba oltre ad essere utile per pulire e rendere più splendenti i vetri e i bicchieri, è un meraviglioso insettifugo agricolo, ho scoperto che spargere alcune piante di parietaria sui cumuli di grano immagazzinati, terrà lontano insetti dannosi e particolarmente nocivi per il raccolto, voglio provarla anche nella mia dispensa dove conservo sementi e granaglie. L’effetto “carta vetrata” delle sue foglie veniva usato anche per ripulire il cuoio ed oggetti di rame. Ecco come si è aggiudicata il nome di vetriola.
Da bambina giocavo spesso con lei perché mi rimaneva appiccicata addosso e io mi divertivo un sacco, lei si attacca agli indumenti e alle mani, e vi assicuro che ha la capacità di restar attaccata a lungo. Questa primavera mi è capitato di gironzolare per il centro di Bologna un’intera mattina prima di accorgermi di avere un bel ramo di parietaria appiccicata di sbiego sul mio vestito. Le persone mi avranno trovata eccentrica, o forse solo un po’ sbadata.
Fa parte della famiglia delle Urticacee, è parente stretta dell’ortica, difatti spesso crescono vicine e se vi capiterà di vederle entrambe cariche di semi, farete un po’ fatica a riconoscerle a prima vista. Come l’ortica, forma colonie più o meno numerose nelle stazioni ricche di nitrati. È curioso, ma se vi capita di essere punti dalle ortiche, sarà proprio l’erba vetriola ad accorrere in vostro aiuto, lei lenisce il prurito dovuto al contatto con la sostanza urticante dell’ortica, occorre strofinarla con delicatezza dove vi siete punti.
Le foglie della parietaria, come quelle delle altre urticacee forniscono il nutrimento ai bruchi di Vanessa atalanta L.
Questa pianta è praticamente inodore. Quando la incontrate in fiore, da maggio a ottobre, vi suggerisco di chinarvi e di osservarla da vicino, è una pianta molto particolare perché nell’infiorescenza potrete notare che sono presenti tre tipi di fiori: quelli maschili, quelli femminili e quelli ermafroditi.
La pianta è ricca di minerali, una quantità notevole di sali di potassio, calcio e mucillagini. Contiene anche tannino, flavonoidi, sostanze solforate e sostanza urticanti, come il raro acido caffeoylmalico.
Era già nota fin dai tempi antichi per le sue proprietà diuretiche e depurative, antinfiammatorie, emollienti, sudorifere, ed espettoranti. Plinio nel I secolo la menzionava utilizzata sotto forma di cataplasmi in casi di calcoli. Nel Medioevo veniva utilizzata solo dagli Arabi, mentre nel XVI secolo i medici se ne servivano per curare le ferite. Probabilmente oggi è andata praticamente in disuso perché in primavera coi suoi pollini causa allergia.
In cucina si utilizzano le giovani foglie primaverili lessate come gli spinaci. Ottime per ripieni, frittate, minestre, acque cotte, zuppe, creme, frittate o come contorno “tagliate” con altre erbe di campo. La muraiola va mangiata sempre in piccole quantità per l’alto contenuto di ossalati, esattamente come gli spinaci. Ve la consiglio se volete ottenere una bella pasta fresca verde, da usare come fareste per le ortiche.
Per poterla conservare per utilizzarla al bisogno, le foglie vanno raccolte nei mesi più caldi, essiccate velocemente all’ombra e conservate in vasi di vetro. Buone per far scorta per l’inverno.
Bene, siam giunti alla fine, “stretta è la foglia, larga è la via, dite la vostra che io ho detto la mia!!” Così diceva la mia nonna Tecla, mia maestra d’erbe e di Vita.
Vi abbraccio forte, Beatrice Calia, l’Erbana.
Articolo scritto per Rock&Food